Col cuore, oltre l’ostacolo.
Il testamento spirituale di una giovane amazzone
di Giuliana Gemelli
di Giuliana Gemelli
Mentre varco il grande cancello di legno mi insegue dal fondo della palizzata, che separa il casale dalla piana dei cavalli, un richiamo che non ha molto a che fare col tipico nitrito degli equini.
È una sorta di borbottio che si fa sempre più intenso fino ad assumere le modulazioni di un linguaggio o di una melodia un po’ dodecafonica.
È il richiamo di Lesley, la cavalla di Giulia, la nostra adorata amazzone che ha lasciato questa terra otto anni fa, ad appena 23 anni. Un tempo cronologico che sembra lungo ma che per me, per suo padre e per Lesley ha il valore di un attimo eterno, non è ricordo, è eternità, perché nel borbottio di Lesley c’è tutta la nostra vita, c’è il legame unico ed inalienabile che unisce Giulia alla sua cavalla e lei, loro, a me, a chi l’ha tanto amata.
Noi ora viviamo come Giulia ha sognato: tutti insieme in una nuvola verde ai piedi delle montagne del Friuli, una terra poco esplorata dal turismo, piena di cavalli e – ancora – molto legata alla natura, alle tradizioni, ai ritmi della terra.
Lesley è il mio legame “quantistico” tra cielo e terra, è un vincolo sensibile con un universo intangibile, fatto di emozioni, di sguardi interiori, di fremiti, di sogni. Se restiamo nello spazio della fisica classica questo universo non esiste, ma se ci proiettiamo in quello della fisica quantistica tutto questo acquista un significato.
Inconsapevolmente ho cominciato a cogliere questo significato in un freddo giorno d’inverno quando Giulia e Lesley vinsero la medaglia d’oro ai campionati regionali Emilia-Romagna di salto ad ostacoli, in un clima socialmente respingente per non dire ostile. Quando Giulia venne premiata scoppiai a piangere ed era gioia mista ad un dolore di cui non riuscivo a cogliere la ragione, ma che era presagio di un percorso ad ostacoli inatteso e terribile: il giorno dopo la vittoria Giulia entrava in clinica per effettuare la biopsia che portò alla diagnosi infausta di linfoma di tipo b a grandi cellule, il più aggressivo tra i linfomi.
Quella vittoria fu però anche l’esito di un percorso d’amore tra Giulia, Lesley e la loro meravigliosa istruttrice che dopo tanto dolore, cattiveria, umiliazioni in un contesto ad alto rischio di bullismo, celebrava con loro la bellezza di uno sport che è un privilegio dell’anima oltre che del corpo.
Quando accarezzi il tuo cavallo, dopo un percorso netto, senti che la sua pelle trasuda gioia, generosità, slancio. Da quello slancio Giulia ha trovato la forza per superare l’ostilità del contesto, animato da forze opposte a quelle che ho appena descritto, popolato da individui che considerano i cavalli meri strumenti di affermazione personale, di narcisismo, o di affari. Istruttori ed istruttrici sempre pronti a denigrare il tuo cavallo per proportene un altro, frequentatori e soprattutto frequentatrici del maneggio con orrendi risultati scolastici, ma con una propensione a inventare scherzi di cattivo gusto nel migliore dei casi, indecenti o pericolose angherie, anche nei confronti dei cavalli, nel peggiore.
Un mondo in pieno contrasto con l’universo interiore di Giulia, che nel corso della malattia è emerso in tutta la sua profondità e grandezza. Non solo lei non si è mai arresa, ma ha contaminato, coinvolgendolo nei suoi sogni e nei suoi ideali, il mondo attorno a sé: quello degli amici più cari, quello dei medici e delle infermiere, in un crescendo di consapevolezza che il costante contatto con la sua cavalla ha nutrito ed amplificato. Il legame tra Giulia e Lesley, nonostante lei non potesse più montarla, si è consolidato, ha preso la forma del prendersi cura reciproco.
Ogni volta che Giulia poteva uscire dalla clinica correva dalla sua cavalla, assisteva agli allenamenti che la sua magnifica istruttrice continuava a condurre, guardando oltre l’ostacolo della malattia, infondendo ottimismo in entrambe.
Giulia è sempre stata una studentessa eccellente ed è riuscita a laurearsi col massimo dei voti in economia e diritto, ottenendo la possibilità di continuare gli studi ad Heidelberg in arbitrato internazionale. La malattia ha vanificato i suoi sogni, ma lei non si è arresa. In una conversazione dolcissima ed intensa che abbiamo avuto mentre era ricoverata al San Gerardo di Monza per una cura sperimentale, dopo innumerevoli cicli di chemioterapia ad alte dosi, Giulia mi ha detto che doveva guardare lontano ed impegnarsi in qualcosa che toccasse profondamente le sue corde interiori: lei era convinta che se il percorso di Heidelberg le fosse stato precluso, avrebbe potuto dedicarsi all’ippoterapia. Del resto le esperienze in questa direzione non le erano mancate. Sia nel corso dei viaggi che avevamo fatto insieme, in particolare in Sudafrica. Qui aveva incontrato un cavaliere straordinario, una persona di colore che da semplice groom negli anni dell’apartheid, era riuscita ad emergere come cavaliere nei concorsi internazionali.
Con l’aiuto di una fondazione britannica il cavaliere aveva creato a Soweto un centro per i ragazzi e le ragazze svantaggiati, i quali apprendendo ad accudire i cavalli potevano compiere, se dotati e determinati, il suo stesso percorso, da groom a cavaliere, oppure potevano apprendere a sostenere, a mezzo dei cavalli, i loro coetanei più fragili che spesso non potevano essere accuditi dalle famiglie.
Giulia, mentre mi trovavo in Sudafrica per lavoro, collaborò con questo centro, lasciando una traccia indelebile del suo entusiasmo e della sua dedizione. A pochi mesi dalla sua scomparsa Enos Mafokate – questo il nome del cavaliere di Soweto – è venuto in Italia e ha tenuto conferenze a Bologna sulla sua esperienza di sostegno alle persone più fragili proprio mentre, insieme al campione olimpionico di completo (concorso completo di equitazione), l’ingegner Mauro Checcoli, stavo portando avanti un progetto di formazione al grooming per gli ex carcerati, ispirato da Giulia e sostenuto dalla fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna. Quell’incontro pubblico è stato scelto da “Cavallo Magazine” come contributo principale in un numero della rivista che ha dedicato ad Enos e al suo centro un lungo articolo, mettendo in copertina la foto solare del cavaliere sudafricano e del suo destriero.
Nella sua meravigliosa generosità, Enos decise in quell’occasione di rendere omaggio a Giulia nel luogo dove si trova il suo corpo lasciando per lei le pietre del fiume sacro di Soweto. Un dono bellissimo e pieno di significato per chi, come Giulia, ha sempre creduto nelle potenzialità dei cavalli di trasmettere forza, energia, speranza.
Alcuni anni prima dell’incontro con Enos, Giulia aveva avuto una bellissima esperienza aiutando un’istruttrice di ippoterapia ad occuparsi di una bambina gravemente disabile e lo aveva fatto con una tale dedizione e slancio che, quando la bambina aveva lasciato questa terra, la mamma aveva fatto avere a Giulia un messaggio bellissimo di riconoscenza e d’amore.
Nei periodi di tregua dalle cure, Giulia continuava a frequentare il suo luogo d’elezione: la sede estiva del circolo ippico ravennate, dove Giulia e Lesley da sempre trascorrevano le estati in un universo di piena condivisione di attività equestri e di ideali. Il luogo dove Giulia riscattava i suoi tormenti e delusioni rispetto all’universo competitivo, arrogante e vessatorio che era costretta a frequentare durante l’inverno. Le avevamo proposto di scegliere un altro centro ma lei voleva seguire la sua istruttrice, vera àncora di salvezza per lei e per Lesley. Un persona straordinaria che è restata accanto a lei fino all’ultimo respiro.
È a Marina Romea. Sede estiva del CIR, è in questo luogo di elezione che Giulia ha incontrato le sue amiche più care ed è in questo luogo che da alcuni anni si tiene un memorial dedicato a Giulia e a Lesley, un binomio inscindibile che Giulia nel suo testamento spirituale (Riprodotto nelle pagine iniziali) ha descritto per a tutti coloro che amano i cavalli e gli sport equestri, trasmettendo con grande sensibilità i suoi valori, i suoi sogni, la sua visione della vita.
Giulia ha compreso il significato più profondo del concetto di epimeletica che in etologia indica la reciprocità nel dare e ricevere cure. L’epimeletica è la motivazione ancestrale che lega le creature viventi in un approccio maternale, lo stesso che il cavallo è in grado di mettere in atto quando si trova di fronte ad una persona fragile di cui appunto occorre prendersi cura. È un’energia segreta istintuale volta alla protezione, alla tutela ma anche al potenziamento delle energie, delle risorse psicologiche e relazionali.
È da questo universo di relazioni, basato su una consapevolezza profonda e segreta, che prendono forma i progetti di riabilitazione a mezzo del cavallo. Ed è partendo da questa consapevolezza che il memorial dedicato a Giulia presso il circolo ippico ravennate, in collaborazione con l’associazione GrandeGiù for love and care ha assunto anche una valenza progettuale: la creazione di un percorso di riabilitazione equestre, dedicato ad adolescenti e giovani adulti affetti da malattie onco-ematologiche, in grado di offrire sostegno a tutti i giovani pazienti degli ospedali e delle cliniche specializzate della Romagna che attraversano il percorso della malattia e della sofferenza. Un percorso particolarmente drammatico quando riguarda adolescenti e giovani adulti che vivono l’esperienza dolorosa della malattia oncologica, con conseguenze di disagio esistenziale e con effetti psicologici, relazionali, emotivi.
Alcuni autori spiegano gli effetti emotivi nei giovani adulti correlandoli ai percorsi di adattamento conseguenti alla diagnosi e alle cure spesso invasive e debilitanti, in termini di crisi dell’autostima, di depressione, di stress post-traumatico e di ansia rispetto alle aspettative di natura sociale, alle performance comportamentali, ai risultati scolastici, all’appartenenza al gruppo dei pari, all’adattamento socio-comportamentale. Si è notato che i giovani che sopravvivono alla malattia hanno meno contatti sociali e reti più ristrette e selettive di amicizie. Molti decidono di non sposarsi e preferiscono non avere figli per la paura che il tumore si sviluppi nella prole. I ragazzi sopravvissuti alla leucemia e ai linfomi hanno un maggiore rischio di andare incontro a sintomi connessi a fenomeni depressivi o di stress somatico. I pazienti con tumore del cervello, in particolare, sono a rischio di compromettere le reti di socialità e la qualità di vita, in quanto possono andare incontro a disturbi cognitivi.
In tutti i pazienti adolescenti e giovani-adulti che si trovano ad affrontare una malattia oncologica emerge chiara la necessità di un supporto complementare a quello medico, inerente non solo la cura ma anche “il prendersi cura”, un supporto in grado di fornire strumenti adeguati, volti a contenere e superare le difficoltà legate alla malattia, come l’ansia, la gestione delle emozioni, le modificazioni del corpo e la limitazione dei rapporti sociali, legata ai lunghi periodi di ricovero e alla necessaria convalescenza dopo i trattamenti medici. Il giovane adulto ha bisogno nel suo percorso di malattia di essere sostenuto da un legame personale in particolare coi coetanei, con gli amici più cari, ma anche con altri esseri viventi, come gli animali da compagnia e d’affezione, cani, gatti, cavalli coi quali possa stabilire un rapporto empatico. Il cavallo, date le sue caratteristiche, è un animale sensibile, empatico e consapevole in grado di stabilire questo tipo di rapporto.
L’intervento assistito coi cavalli si propone finalità riabilitative, educative e di integrazione sociale attraverso l’attività svolta da un’equipe multi-professionale composta da medici, psicologi, educatori, esperti di attività equestri, fisioterapisti che sappiano valersi dell’aiuto indispensabile del cavallo, opportunamente scelto e preparato.
La Terapia a Mezzo Cavallo è un metodo riabilitativo globale e attivo, poiché sollecita una partecipazione di tutto l’organismo nelle sue componenti sia fisiche che psichiche e si rivolge a bambini, adolescenti ed adulti con difficoltà su vari piani (motorio, cognitivo, affettivo, relazionale o sensoriale).
Tra la persona e il cavallo si instaura un particolare rapporto attraverso la comunicazione non verbale, uno scambio di gesti, di sensazioni, di vissuti, che lascia “parlare il corpo” connesso profondamente ed istintivamente con la mente creando sensazioni piacevoli e rassicuranti, fortemente motivanti e coinvolgenti sotto l’aspetto emotivo e relazionale. Nei pazienti oncologici in particolare, che si trovano davanti a ripetute sfide nella quotidianità del rapporto con la malattia, sono molto importanti i percorsi di stimolazione dei fenomeni di resilienza.
In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse come la malattia, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti. Il cavallo possiede quello che Alessia Giovannini ha definito un potere segreto, una sorta di capacità evocativa di potenzialità nascoste, non rivelate, che emergono quando si verificano fenomeni non previsti spesso sfavorevoli o negative Il cavallo possiede questi poteri per la sua stessa configurazione psico-fisica; debole e pauroso, forte e maestoso, preda nobile mai sottomessa e sempre consapevole, naturalmente socievole.
Seppur nelle diverse attività, il fulcro dell’intervento assistito col cavallo è fatto dalle relazioni che entrano in gioco tra la persona, l’animale e l’operatore; si tratta di una relazione d’aiuto in quanto viene vissuta in una situazione dove l’operatore cerca di favorire le risorse latenti interne dell’individuo che si trova in difficoltà. La dimensione affettiva che lega la persona al cavallo fa sì che le proposte dell’operatore a partecipare a determinate attività, a svolgere compiti o esercizi, vengano accolte dal soggetto con entusiasmo e si trasformino in motivazioni ulteriori a superare gli ostacoli di cui ogni percorso riabilitativo ed educativo è costellato.
Diversi studi hanno mostrato come l’intervento assistito col cavallo, combinando l’attività fisica con una stimolazione emozionale / cognitiva, sia adatto a facilitare l’emergere di comportamenti comunicativi e affiliativi e a facilitare l’espressione di emozioni. L’attività fisica è uno dei valori aggiunti della terapia assistita col cavallo rispetto ad altre forme di Pet therapy, poiché contribuisce alla produzione di endorfine, dopamina, serotonina, noradrenalina, tutte sostanze che hanno effetti benefici sull’umore della persona. Inoltre favorisce un certo rilassamento dovuto alla posizione e alla necessità di entrare in sintonia con l’animale. Secondariamente la rieducazione equestre sostiene e sviluppa le capacità intellettive, infatti durante l’attività in sella l’attenzione, la concentrazione e la memoria sono necessarie per rimanere all’interno del setting che coinvolge la persona insieme all’animale e all’operatore che conduce il lavoro.
Infine è grazie ad un avvicinamento progressivo al cavallo che si rinforza la fiducia reciproca, così la persona ha modo di controllare maggiormente le sue paure ed ansie, gestendo meglio le situazioni ansiogene e rafforzando l’interiorizzazione di un rapporto rassicurante e soddisfacente.
Con nessun altro animale l’uomo ha strutturato un rapporto più intensamente emotivo, affettivo e di condivisione esistenziale e simbolica come col “suo cavallo” che, come dice l’assioma, è sicuramente uno dei migliori amici dell’essere umano sin dalla preistoria. L’ha accompagnato per secoli nelle battaglie, nelle conquiste ed epopee, non in forma passiva, ma con coraggio, caparbietà, costanza, sicurezza, mansuetudine, sensibilità, tolleranza, semplicità, umiltà ed inoltre una spiccata intelligenza. L’ “ippoterapia” è stata usata, sin dai tempi di Ippocrate, nelle crisi isteriche, in quelle di ansia e di eccitazione psicomotoria; il cavallo è servito anche per stimolare il coraggio e la volontà, fungendo da esempio, come messo in evidenza dai racconti epici: “… il cavallo bianco non è mai stanco!”. Il cavallo, animale fortemente simbolico, è da sempre oggetto nell’immaginario collettivo di fantasie che hanno a che vedere con il “Sé grandioso” in quanto rispecchia da sempre i concetti di forza, bellezza, generosità e libertà.
Il cavallo è quindi un animale che instaura un rapporto empatico con la persona con cui si relaziona, attivando un approccio selettivo a seconda dell’individuo, inoltre porta il soggetto a svolgere un lavoro psicomotorio attraverso i movimenti che è costretto a fare quando lo si monta, ed è anche attraverso il movimento che la persona impara a gestire corpo e pensiero.
L’animale dimostra una curiosità ed una costante partecipazione e attenzione a tutti gli stimoli esterni, provocando per emulazione la stessa condizione anche nella persona coinvolta. L’interazione reale implica, inevitabilmente, il passaggio dall’immaginario al concreto.
Il paziente con l’animale, con la sua corporeità, le sue reazioni, i suoi ritmi e le sue necessità instaura un complesso rapporto interattivo che permette di sviluppare un senso di fiducia e di sicurezza, generando autostima.
Per far comprendere a chi legge quanto il praticare gli sport equestri fosse per Giulia strettamente connesso alla sua vita personale di relazioni e di affetti e quanto l’amore per la sua cavalla coinvolgesse il suo mondo interiore, dobbiamo dire con forza che quel legame si è trasformato in un lascito, fisico, morale, ideale. Si è aperta così una nuova dimensione tra celo e terra che nulla ha a che vedere con lo spazio della fisica classica.
Del resto Giulia stessa ne parla nel suo testamento e a questo tema ha dedicato, con una straordinaria preveggenza e sensibilità, la sua tesina presentata alla maturità (Temporalità e durata. Dallo spazio tempo newtoniano allo spazio qualitativo einsteiniano, alla fisica quantistica. Gli effetti multidisciplinari di una rivoluzione epistemologica), in cui ha correlato la fisica moderna alla letteratura, alla filosofia, all’etologia.
Guardando tutto questo, oggi si ha l’impressione di avere di fronte un disegno preordinato, una traccia dell’anima che nulla può cancellare.
Si è molto scritto su potere evocativo degli animali ed in particolare dei cavalli. Lesley ha aiutato Giulia a portare in superficie, a livello della consapevolezza piena, trasmettendolo a tutti coloro che vorranno condividerlo, un meraviglioso vissuto, una scia di luce che va ben oltre la sua vita terrena.