Vinciamo la vita
Ed. Baskerville 2023
Lanza F. I re taumaturghi (tratto da Marc Bloch)
Lanza F. I re taumaturghi (tratto da Marc Bloch)
Vorrei concludere questa trattazione di “Vinciamo la Vita” con uno spunto letterarario che si riallaccia al ruolo svolto da Marc Bloch, storico francese docente di storia medievale a Strasburgo e di storia economica alla Sorbona, il quale insieme al collega e amico Lucien Febvre fondò nel 1929 la rivista “Annales d’histoire économique et sociale”, nella quale si proponeva una ricerca storica della vita sociale avvalendosi dei metodi e dei risultati di numerose altre discipline culturali e professionali umane. Nel suo libro “I re taumaturghi”, pubblicato nel 1924, Bloch narra la nascita di una credenza sui poteri magici dei re francesi e inglesi nel curare una patologia molto comune nell’epoca basso medioevale, le scrofole. Le basi di questa credenza risiedevano nell’incapacità dell’uomo di formulare una corretta diagnosi e cura di una malattia estremamente frequente nell’epoca. Lo studio sul carattere sovrannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra (titolo originale “ Les Rois thaumaturges. Étude sur le caractère surnaturel attribué à la puissance royale particulièrement en France et en Angleterre”) viene ampiamente dibattuto in questo saggio geniale, che tratta dei poteri miracolosi accordati ai re di questi due paesi Europei, secondo una tradizione nata durante il Medioevo, dei quali il più conosciuto era quello correlato alla capacità dei sovrani di far guarire dalle scrofole mediante la semplice imposizione delle mani e l’ingiunzione pronunciata dai Re taumaturghi che recitava la seguente formula «Il re ti tocca, Dio ti guarisca». Il saggio abbraccia un approccio multidisciplinare estremamente innovativo nella storiografia mondiale, che tocca l’antropologia storica, la storia delle mentalità dei popoli in maniera comparata, confermando l’aspetto rivoluzionario di questi studi storiografici descritti negli Annales di Bloch e Febvre.
Bloch analizza in dettaglio i simboli, i valori e le espressioni ideali e materiali con cui il potere regale si afferma nel Medioevo, e il ruolo giocato da questi elementi nel rafforzare da una parte il prestigio dell’immagine del monarca, e dall’altra di fornire una sorta di passaporto morale che giustificasse il loro potere temporale sulla intera nazione. La capacità di caricare il re di sacralità fu uno strumento essenziale di consolidamento del controllo monarchico sul popolo, in un sistema feudale ove la Grazia divina rappresentava ancora il requisito fondamentale per salire sul trono. A differenza del Pontefice Romano o dell’Imperatore Bizantino, eredi della Chiesa di Cristo e capi della spiritualità e quindi portavoce diretti della volontà stessa di Dio, i sovrani temporali dovevano costantemente ricodificare e definire il concetto del proprio diritto di governare i Regni cristiani, attraverso una assunzione di sacralità e di espressione divina. Questo percorso permette ai Regnanti di consolidare il ruolo di sacralità attribuibile al Re, che in quanto tale si erge al di sopra del popolo, ed assume l’espressione della Grazia divina. I re erano soliti concedere le proprie cure ai malati in occasione di messe solenni, officiate dalle massime cariche ecclesiastiche di Francia (il vescovo di Reims, Le Puy o Chartres), in quanto sotto gli occhi di Dio e dei suoi ministri, nel mistero sacro della comunione, i poteri taumaturgici dei regnanti acquisivano forma e spessore e si palesavano come vere emanazioni della volontà divina, assumendo una connotazione di sacralità che allontanava ogni sospetto di paganesimo o eresia, molto comuni in quell’epoca.
Nel testo si fa menzione di altri esempi di poteri taumaturgici attribuiti alle figure regali dell’epoca medioevale. Di grande interesse la missiva di Edoardo III d’Inghilterra a Filippo VI di Francia, ove gli si intima di abdicare al trono in quanto indegno del titolo di re, in quanto non appartenente alla dinastia dei “Valois” non essendo discendente diretto della famiglia stessa. Il sangue reale rappresentava il viatico per raggiungere la sacralità e la divinazione che li poneva al di sopra del popolo.
L’alleanza tra sovrani e potere ecclesiastico viene sancita da un altro importante evento storico, ovvero la conversione e la consacrazione del primo grande re cattolico dei Franchi Clodoveo I, appartenente alla dinastia merovingia, che viene battezzato con l’olio sacro donato dallo Spirito Santo al vescovo Remigio di Reims e proclamato sovrano per volontà di Dio. Tramite questo sacramento, la famiglia reale di Francia acquisisce poteri miracolosi, tra i cui il titolo di “Re Cristianissimo” che posero le basi per svolgere pratiche taumaturgiche avvolte da un manto di sacralità e divinazione, massima esemplificazione del costante rinnovo dello stretto connubio tra la Chiesa Cattolica e la Corona regale.
Unico esempio a Roma, l’abside abbraccia tutte e tre le navate, coprendo l’ampiezza della navata centrale della prima basilica. I sontuosi affreschi che la ricoprono sono opera del pittore fiorentino Giovanni da San Giovanni e raffigurano la storia dei Coronati.
Della Stanza del Calendario, l’anticamera del parlatorio delle Monache agostiniane ornata da uno straordinario affresco del Tredicesimo secolo, si accede alla Cappella di San Silvestro, l’oratorio del palazzo cardinalizio, dove è conservato un altro gioiello dell’arte pittorica medievale, che narra le Storie di papa Silvestro. Tra le scene raffigurate, quella celebre della Donazione di Costantino al papa, in cui Roma e altre regioni dell’Occidente vengono cedute alla Chiesa, atto, poi scoperto essere falso, che diede origine al potere temporale della Chiesa.
Le vivaci scene a tema profano del Terzo Maestro di Anagni rappresentano le quattro stagioni, le arti, i segni zodiacali, le costellazioni, i vizi e le virtù e Salomone, il Giudice per eccellenza, con il capo coronato da un diadema.
Per quale motivo pensiamo che questo affresco possa destare il nostro/vostro interesse?
In primis, per il suo lato evocativo e artistico che ancora una volta rafforza e rinsalda il connubio tra arte e medicina e il valore taumaturgico dell’arte nei confronti della professione medica.